Omelia di Mons. Rodriguez Carballo
Roma 7 luglio 2018
Omelia della celebrazione Eucaristica di apertura dell’Assemblea del Mons. José Rodriguez Carballo* O.F.M.
Arcivescovo Segretario della Congregazione Istituti Vita Consacrata e Società Vita Apostolica (IVCSVA)
(Ez 2,2-5; Sal 122; 2Cor 12,7-10; Mc 6,1-6)
La scrittura santa. Ecco fratelli e sorelle la missione della parola che abbiamo ascoltato, questa parola è chiamata a diventare per te e per me lampada e luce nel nostro cammino. Se non vogliamo che la parola, questa sarebbe una grossa responsabilità nostra, sia una parola morta, sterile, ma che porti frutto, dobbiamo accoglierla come lampada e luce. Per questo dobbiamo ascoltarla, cioè dobbiamo accoglierla nel nostro cuore, in modo da poter anche noi diventare, ecco la missione di qualunque battezzato molto di più di un consacrato, per diventare anche noi ermeneutica del vangelo, come ci ha chiesto alcuni anni fa Benedetto XVI in quella bellissima esortazione apostolica “Verbum Domini”, ermeneutica, esegesi viva del vangelo. Questa è la missione che ci unisce tutti, le nostre Regole ci separano o almeno ci differenziano, ma il vangelo ci unisce, la parola ci unisce, questa è, dice il Concilio, la Regola assoluta della vita consacrata.
Papa Francesco dice che è la regola suprema della vita consacrata, quindi dobbiamo tornare al vangelo, ce lo ricorda costantemente il Papa, dobbiamo accogliere la parola che è luce per la nostra vita.
In questa parola che abbiamo ascoltato vorrei sottolineare tre aspetti o, se mi è consentito dire, vorrei riscattare tre aspetti:
1° aspetto: Siamo inviati. Io ti invio diceva il Signore ad Ezechiele. Maria, Antonia, Pietro, Giovanni… io ti invio: questo è il mandato che oggi il Signore dà a ciascuno di noi che abbiamo ascoltato. Come Gesù nel vangelo, anche noi siamo inviati ad andare da villaggio a villaggio, per le strade del mondo soprattutto voi Istituto secolare.
Attenzione non chiudetevi nelle sacrestie, non abbiamo bisogno di voi nelle sacrestie e quindi attenzione sorelle non siate una fotocopia di noi religiosi, la chiesa non ha bisogno di fotocopie che tra l’altro dopo qualche anno spariscono. Settanta anni fa la chiesa ha riconosciuto la vostra forma di vita come consacrate nel mondo, consacrate secolari, nel secolo, non rinunciate a questo altrimenti dovete sparire. Voi sapete come parlo io, non sto lì ad addolcire il veleno che ci porta alla morte, siate fieri della vostra vocazione e siate coerenti alla vostra consacrazione di consacrate secolari, consacrate nel mondo.
Come Gesù, allora, siamo inviati. Inviati a che cosa? Come Lui ad insegnare. A fare dei bei discorsi? No!
Il mondo è strapieno di discorsi non ha bisogno di più parole. Il mondo, quello di cui ha bisogno è della parola che prima di tutto venga testimoniata. Quando il vangelo dice che Gesù insegnava con autorità vuol dire questo, non era un chiacchierone non faceva slogan. Inviati quindi a dire cosa?
Quello che abbiamo ascoltato. Guardate se Gesù non fa altro che quello che ha visto fare al Padre, se Gesù non dice altro che quello che ha udito dal Padre, ma chi siamo noi? Pensiamo che noi salveremo il mondo? No! Assolutamente no! Noi non possiamo fare altro che dire quello che abbiamo ascoltato, di fare quello che abbiamo visto, fare come il profeta. Anche noi siamo chiamati a insegnare, a vivere, ad annunciare cosa dice il Signore; niente altro, tutto il resto è solo protagonismo: io, io, io.
Il Signore proprio nel vangelo di Marco li chiamò perché fossero con lui e li ha inviati.
Certo noi siamo chiamati come consacrati, voi come spose secondo la vostra spiritualità di sant’Angela, siamo chiamati ad avere una comunione piena con il Signore. Per poter dire quello che dice il Signore la comunione è fondamentale.
La dimensione contemplativa è anche per voi che vivete nel mondo, se non volete essere del mondo dovete essere contemplative. La comunione è vitale, esistenziale con il Signore, è fondamentale. Però attenzione a non illuderci, Gesù ci chiama per inviarci immediatamente, quindi ci mette sulle strade del mondo. Li chiamò per stare con lui ma nello stesso tempo per inviarli.
Ecco allora la ragione della nostra piena comunione con il Signore il resto serve ad auto ingannarci soprattutto per voi consacrate nel mondo.
Il Papa insiste tanto nella chiesa in cammino, in uscita, la vita consacrata è in uscita, finiamola di contemplare, scusate il mio linguaggio, ma io mi sento in famiglia, di contemplare il nostro ombelico. Il Papa nella lettera ai consacrati ci dice: Non siate vittime delle vostre piccole, aggiungo io a volte grandi, beghe, problemi, li abbiamo tutti… Ma se contempliamo solo il nostro problema stiamo, alla fine, asfissiandoci. I giovani profetizzano, i vecchi sogniamo. Che nessuno ci privi dei sogni perché mentre sogniamo siamo vivi, siamo giovani, il giorno che perdiamo la capacità di sognare la vecchiaia è entrata.
Quindi il primo aspetto: invio, siamo inviati.
2° aspetto: Siamo inviati in un campo dove la semina non è facile per niente, lo vediamo nella Parola di Dio: Ezechiele deve predicare a un popolo ribelle, a un popolo da un cuore indurito, a un popolo testardo. La missione dei profeti è stata sempre molto difficile, e noi consacrati possiamo rinunciare a tante cose, ma c’ è un elemento che non possiamo dimenticare, lo dice il Papa nella lettera ai consacrati: la profezia o siamo profeti o è meglio cancellarci dalla vita consacrata.
Anche Paolo non si sente all’altezza del ministero al quale è stato chiamato. Lui parla di una spina, gli esegeti vorrebbero sapere più di quello che ha detto Paolo e fanno varie ipotesi, probabilmente si riferisce a qualcosa che gli impedisce che lui si senta all’altezza del ministero che gli è stato affidato. Allo stesso tempo Paolo, come tutti gli apostoli, deve provare il vino amaro della persecuzione, degli insulti, delle privazioni e di tante altre difficoltà che trova nel suo annuncio del vangelo.
Gesù, infine, nel vangelo vediamo … viene rifiutato dai suoi. Qui si compie ancora la parola di Giovanni nel prologo: “Venne ai suoi e i suoi non l’hanno accolto”. I suoi hanno detto non abbiamo bisogno di te, caso mai abbiamo bisogno di riempirci lo stomaco quando avremmo fame o per guarire i malati, però la tua predica non ci interessa, domani ti ascolteremo quando non avremo altro da fare. Questa è la sorte dei profeti, questa è stata la sorte di Gesù questa è la sorte di colui o colei che profetizza non c’è altra strada. Vediamo che Gesù doveva sentirsi un po’ frustato era uomo, credo che sia l’unica volta che si dice che Gesù non ha potuto fare niente, Gesù si sente impotente davanti i suoi.
3° aspetto: Difficoltà molte, però non siamo da soli.
Il Signore è con noi, nella missione che lui ci affida e quando sentiamo il peso della nostra debolezza, come Paolo, delle difficoltà per evangelizzare, anche a noi come a Paolo, il Signore ci dice: “Ti basta la mia grazia”, ma qui dovremo vincere un’altra tentazione.
A noi piacerebbe di più fare senza la necessità della grazia, perché l’io, il protagonismo verrebbe fuori, ma il Signore ci fa capire che i nostri carri e cavalli non ci portano a nulla, che è proprio nella debolezza dove noi possiamo essere grandi, perché è lì dove possiamo sperimentare che la forza del Signore si manifesta anche nella nostra debolezza.
Se per Dio nulla è impossibile, come dice Luca nel suo vangelo, noi possiamo dire con san Paolo “Tutto è possibile per me in colui che mi dà la grazia”, però attenzione a non mettere questo tutto nelle strutture, nei nostri carri e cavalli affonderemo come affondarono i carri e i cavalli del faraone.
Io so molto bene che alcune delle vostre compagnie stanno passando delle difficoltà, soprattutto forse per mancanza di nuove vocazioni e che le strutture rischiano di soffocare il vostro carisma.
Attenzione riguardo alle strutture, tre sono i tipi di strutture:
1° Quelle che dobbiamo mantenere per manifestare il nostro carisma.
2° Quelle che dobbiamo innovare per manifestarlo.
3° Quelle che dobbiamo lasciare.
Un capitolo generale, un’assemblea generale come la vostra non può fare a meno di fare un serio discernimento anche sulle strutture.
Il Papa ci dà il criterio nella lettera ai consacrati, ponendoci una domanda: Le strutture che abbiamo servono alla missione o è la missione che sta in funzione alle strutture? Le strutture che abbiamo manifestano il nostro essere consacrate, nel vostro caso, spose di Cristo? Portate avanti quello che potete e come potete, magari lasciando da parte elementi fondamentali, nella comunione piena con lo sposo, proprio per mantenere strutture che oggi ci sono e domani non ci saranno. Per favore siate coraggiose e non aspettare domani che può essere troppo tardi.
Quello che dovete fare fatelo, ricordate non siamo mai da soli, e non dobbiamo avere paura della debolezza. Il Papa Benedetto nell’ omelia del 2 febbraio del 2013, che io considero un po’ il testamento alla vita consacrata, perché dopo pochi giorni lasciva la sedia di Pietro, ci invitava tutti ad accogliere con gioia la minorità e, mantenendo viva la fede, arriveremo anche a poter vantarci come Paolo nelle nostre debolezze.
Carissime sorelle siamo inviati in contesti di incredulità, di sfiducia, d’indifferenza… questo è il problema più grosso che la chiesa ha di fronte a sé, dove neppure i nostri ci ascolteranno, quelli che pensiamo che sono vicini. A Gesù sono venuti i suoi per prenderlo dicendo che era fuori di sé. Se cosi hanno trattato il maestro cosa ci aspettiamo? Questa realtà non è certamente facile, occorre un atteggiamento di fiducia e fiducia per il Signore.
Io carissime sorelle vi auguro un’assemblea federale dove ci sia molto dialogo, non chiacchiere. Non c’è dialogo senza ascolto, ascoltatevi gli uni gli altri.
Poi vi auguro che lasciate lavorare lo Spirito Santo, che non si deve dare per scontato. Che voi possiate dire: “Lo Spirito Santo e noi l’abbiamo deciso”. Non cambiando i termini: “Noi e forse lo Spirito Santo abbiamo deciso…”. Per questo l’assemblea regni in clima di preghiera, in clima di discernimento, questa è la parola fondamentale per vivere il presente con passione e il futuro con speranza della vita consacrata.
Discernimento a livello personale: Signore che vuoi che io faccia? Discernimento a livello di assemblea: Sorelle che dobbiamo fare?
I tre elementi che non possono mancare mai nel discernimento:
1) Il vangelo, con il vangelo nelle mani e nel cuore perché solo con quello si può giustificare nella nostra vita.
2) Il carisma il vostro proprio carisma: Siete secolari, rimanete secolari, non religiosi di seconda o di terza categoria. Io vedo un problema per la vita consacrata, quante volte noi religiosi stiamo diventando secolari e voi secolari state diventando religiosi. Questo non va, ognuno rimane con la propria vocazione alla quale è stato chiamato, e ognuno ravvivi il dono di Dio ricevuto.
Quindi discernimento alla luce del vostro carisma come secolari consacrati, poi alla luce del vostro carisma di spose e siate unite. La santa unità, direbbe la vostra fondatrice, che è un elemento fondamentale per voi che potremmo tradurre anche in comunione, non uniformità. Ognuna di voi deve vivere il carisma nella propria cultura, quindi non uniformità ma sempre unità, e se una volta a nome del carisma venisse rotta questa unità, questa comunione sappiate che lì non c’è carisma e neppure il Signore perché diciamolo l’unico che divide è il diavolo, colui che separa.
La terza istanza, che deve essere presente nel nostro discernimento come assemblea è, sono, i segni dei tempi. Lo dico molte volte, la domanda fondamentale è non cosa hanno fatto i nostri fondatori, ma la domanda è cosa farebbero qui e adesso i nostri fondatori?
Ecco perché Vita consecrata ci invita a riprodurre con coraggio la santità e la creatività dei nostri fondatori, santità e creatività.
Sorelle buona assemblea e che il Signore vi benedica, benedica le vostre famiglie, il vostro cammino. Sappiate che la nostra congregazione è sempre aperta a un possibile aiuto.
Abbiate coraggio! Avanti! Avanti! Avanti! Che nessuno vi rubi la gioia di seguire Cristo. Che nessuno vi rubi il vangelo. Il resto se ve lo rubano lasciatelo andare non perderemo energie, forze per recuperarlo. Non ci rubino Gesù, mai. Altrimenti sì che dovremmo andare fino alla fine del mondo per recuperarlo.
*testo trascritto dalla registrazione audio e non rivisto