In un momento delicato della storia, tra il ‘400 e il ‘500, Angela si fa amica e madre di molti.
In lei è molto forte la tensione ad essere strumento di pace e di unione e a partecipare, attraverso il lavoro e la sofferenza, alla vita sociale ed ecclesiale del suo tempo.
Grazie all’intensa relazione con Dio, fondata sull’ascolto della sacra scrittura e sull’eucaristia e al dialogo con gli uomini e le donne del suo tempo, Angela dà vita ad una fondazione fortemente innovativa ed originale, sul piano sociale affermando il diritto della donna di scegliersi la propria vita e sul piano spirituale sottolineando la dignità e la ricchezza del genio femminile.
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Il contesto famigliare
Angela Merici nasce a Desenzano del Garda intorno al 1474. Il padre Giovanni, era stato cittadino di Brescia; la madre Caterina de’ Bianchi proveniva da una distinta famiglia di Salò. Angela vive con i genitori, tre fratelli ed una sorella. La vita di questa famiglia è assai comune; di straordinario vi è una fede profonda ed una grande coerenza ed onestà. Da piccola, Angela ascolta le vite dei Santi che il padre spesso legge alla sera, dopo il lavoro, o nelle giornate piovose d’inverno. Queste letture si scolpiscono nel suo cuore e nella sua memoria e alcune di queste figure diventano modelli e ideali per la sua vita. Angela è dotata di intelligenza aperta e viva; impara a leggere e conoscere bene la Sacra Scrittura. Ha una bellezza delicata, unita ad una forte personalità che via via si sviluppa in modo armonioso e originale. La solida formazione ai valori umani e cristiani che ha ricevuto dalla famiglia le permette di superare le varie prove che la vita le presenta, tra le quali la perdita dei genitori e della sorella in un breve arco di tempo.
Angela amica e consigliera
Angela è stata sempre circondata da persone amiche con le quali non mancava di essere sorella, confidente, madre. Ricordiamo fra i tanti: Gabriele Cozzano segretario di Angela e cancelliere della Compagnia; Isabetta Prato, nobildonna, che accoglierà in casa sua il primo gruppo delle appartenenti alla Compagnia; la famiglia Chizzola di cui Giacomo, giurista e diplomatico, era stato eletto protettore della nascente Compagnia; Agostino Gallo, agronomo; Girolamo Patengola, nipote di Caterina Patengola alla quale Angela aveva portato conforto, Giovan Antonio Romano, mercante e amico di casa Patengola.
Si ricorreva ad Angela, ricorda Agostino Gallo, per mettere pace fra moglie e marito, tra padri e figli, tra fratelli, fra membri diversi della stessa parentela; si chiedeva il suo consiglio per fare testamento, per stringere nuovi legami familiari, per affrontare le difficoltà della vita.
Angela accoglieva, ascoltava, rispondeva: era una sorta di catechesi “ad personam”, capace di adattarsi alla misura dell’altro, era ad un tempo direzione spirituale ed incontro umano. Frequentavano la sua dimora i giovani e gli adulti, la gente colta e quella umile, gli ecclesiastici, i principi e la gente del popolo. Ai laici di buona volontà, desiderosi di chiarezza o bisognosi di certezze, Angela predicava la fede del sommo Dio. La casistica più diversa viene sottoposta al suo giudizio e alla sua comprensione per averne conforto e consiglio.
In ascolto di Dio e del suo tempo
A diciassette anni circa, poco più che adolescente, deve trasferirsi a Salò nella casa degli zii materni, probabilmente insieme al fratello minore.
Qui Angela ha la possibilità di venire a contatto con una vita agiata e mondana, che tuttavia non la attrae.
Si fa Terziaria Francescana, non solo per il fascino che ha su di lei l’ideale di Francesco d’Assisi, ma anche per poter godere di quei privilegi spirituali, come la Comunione frequente, a quei tempi non concessa ai semplici laici. È per questo che l’iconografia dell’epoca la presenta spesso con l’abito di Terziaria. Angela, diventando adulta, sperimenta con sofferenza la condizione della donna del suo tempo, priva di fatto di tutti i diritti civili e della stessa libertà di scelta. Infatti per le giovani del Cinquecento erano i genitori a decidere se dovevano prendere marito o entrare, anche senza vocazione, in un monastero. Se rimanevano nubili, praticamente “godevano” in casa della posizione di serve.
Dopo qualche anno trascorso a Salò, Angela ritorna a Desenzano, alle occupazioni della sua casa e dei suoi campi. Ha acquisito una profonda maturità, frutto anche di una intensa relazione con Dio attraverso la preghiera e la penitenza vissute come “cosa necessaria, mezzo e via” per educare ed accrescere il desiderio verso un unico centro: Cristo Gesù. Gli eventi tragici del tempo (guerre, fame, devastazioni) toccano anche Desenzano.
Angela si fa amica e madre di molti. Vive l’ideale della maternità come possibilità di accogliere, far vivere e crescere l’altro. La tradizione ci riferisce che, un giorno, in una località vicina a Desenzano detta “Brudazzo”, in una sosta del lavoro dei campi, mentre si era appartata per pregare, ha una “visione”: una scala unisce il cielo alla terra e molte giovani donne e angeli la percorrono. Angela intuisce il messaggio misterioso e affascinante che vi è sotteso: una realtà che unisca cielo e terra la chiama con forza. Ma come? Dove? Quando? Non è forse un sogno? Inizia così un cammino di ricerca interiore su che cosa Dio vuole realizzare attraverso di lei.
Angela pellegrina
Nel 1516 i Padri Francescani le chiedono di trasferirsi a Brescia per essere vicina a Caterina Patengola che ha perduto da poco il marito e i figli. Angela si rende disponibile e da questo momento Brescia sarà la sua città: qui, ben presto, diventerà animatrice spirituale di un laicato ricco di opere e di iniziative a favore dei poveri e degli ultimi. Dopo il 1520 inizia per Angela il periodo dei pellegrinaggi che, secondo l’uso del tempo, erano forme di penitenza oltre che cammini di ricerca della volontà di Dio.
Nel 1524 si reca in Terra Santa: in questo pellegrinaggio possiamo vedere il coraggio e l’audacia di una donna che non arretra davanti a sei mesi di fatiche e rischi d’ogni tipo. Un viaggio così nel Cinquecento era veramente una prova di resistenza sia fisica che psichica, tanto più per una donna!
Per il Giubileo del 1525 è pellegrina a Roma. Il Papa la invita a fermarsi in città a beneficio delle opere di carità. Angela, avvertendo che è Brescia il luogo della sua missione, non accetta la proposta di Clemente VII e torna a Brescia con la benedizione del Papa.
Ritornata a Brescia continua a coltivare relazioni ed amicizie con uomini e donne, religiosi e laici, di età e ceto sociale diversi, facendosi apprezzare per la sua apertura d’animo, saggezza ed equilibrio.
Dalle testimonianze e dai suoi scritti emerge chiaro quanto sia forte in lei la tensione ad essere strumento di pace e di unione per costruire relazioni riconciliate e, come si impegni, attraverso il lavoro e la sofferenza, a partecipare alla vita ecclesiale e sociale. Sia la società che la Chiesa dei suoi tempi hanno bisogno urgente di riforma: a questi bisogni Angela cerca di rispondere con l’esemplarità della sua vita.
L’intuizione profetica
Quando lo Spirito le suggerisce che è arrivata l’ora di dare attuazione alla visione del “Brudazzo”, Angela raduna giovani donne che come lei intendono, attraverso la testimonianza della loro vita, contribuire alla “Riforma”.
A Brescia il 25 novembre 1535 Angela ed altre 28 donne promettono di seguire il Signore, rimanendo nel mondo da vergini. Come conferma di questa volontà, fanno scrivere il loro nome in un libretto disposto allo scopo, alla presenza di un cancelliere. Nasce così la Compagnia alla quale Angela dà, come patrona Sant’ Orsola, una santa molto venerata nel Cinquecento. È significativa la scelta di questa santa coraggiosa, che riesce a guidare moltissime compagne alla fede, al dono di sé, a Cristo e al martirio.
Questa scelta è un richiamo al tema del matrimonio delle vergini con il Cristo e al ruolo femminile nella Chiesa e nel mondo. La fondazione di Angela si presenta, da subito, fortemente innovativa e originale, in quanto propone alle giovani, allora considerate perpetue minorenni sotto la custodia prima del padre e poi del marito o delle superiore del convento, la possibilità di realizzarsi pienamente come donne e come cristiane restando nel proprio ambiente, vivendo del proprio lavoro, impegnandosi nelle diverse realtà umane, essendo nello stesso tempo a Lui consacrate per sempre.
La sua intuizione geniale e profetica è precorritrice dei tempi. La Chiesa infatti riconoscerà gli Istituti Secolari, come forma di Consacrazione a Dio nel mondo, solo nel 1947.
Dopo di lei
Angela lascia alle sue “figlie e sorelle” alcuni brevi scritti: la Regola, i Ricordi e i Legati (Testamento) nei quali rivela un intuito pedagogico di eccezionale attualità e manifesta la ricchezza della sua grande spiritualità ed umanità.
Angela muore a Brescia il 27 gennaio 1540 e viene sepolta nella chiesa di Sant’Afra, che custodisce le ossa dei primi martiri bresciani e che oggi è santuario a lei dedicato. Da subito viene considerata “Santa” dal popolo semplice che l’ha conosciuta ed amata. La Chiesa ha proclamato solennemente la sua santità il 24 maggio 1807.