Messaggio per la Quaresima 2019

Il testo integrale del messaggio per la Quaresima 2019 di Papa Francesco sul tema: «L’ardente aspettativa della creazione è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio» (Rm 8,19).

Esercizi spirituali della Compagnia interdiocesana di Padova

Da venerdì 2 agosto (ore 18.00) a mercoledì 7 agosto (dopo pranzo)

Relatrice: dott.ssa Ronchiato Roberta, biblista

Località: Casa di spiritualità “San Carlo” a Costabissara (Vicenza)

Convegno internazionale luglio 2019

“Chiamate per fede con una vocazione santa” (2Tm 1,9)

Presso la sede dei Missionari Passionisti a Mascalucia (CT) dal 5 al 10 luglio 2019.

Ulteriori dettagli nel volantino allegato:

Convegno CIIS triveneto

La Conferenza Italiana degli Istituti secolari del Triveneto ci inviata al convegno “È bene non fare il male, è male non fare il bene” che si terrà a Pordenone domenica 24 marzo 2019.

Tutti i dettagli nel volantino allegato.

Giornate di formazione e spiritualità

per Direttrici, Vice-direttrici, Consigliere, Responsabili di formazione iniziale, Consigliere della Federazione.


Carissime, in continuità con gli anni precedenti , ci diamo appuntamento a Brescia, in Casa S. Angela dal 25 al 27 aprile 2019, per progredire insieme nel nostro cammino formativo e spirituale. Unite insieme, condivideremo la grazia della presenza del Signore tra noi, faremo esperienza di fraternità e troveremo sostegno e aiuto per vivere la nostra vocazione e missione. La dott.ssa Claudia Ciotti, ci accompagnerà in queste giornate. e ci aiuterà ad affrontare e approfondire il tema: “Il coraggio del discernimento personale e comunitario per un cammino di fedeltà al carisma”.

Prepariamoci a questo appuntamento con desiderio grande e volontà decisa, con il cuore e la mente disponibile a crescere in “sapienza e grazia”. Vi chiedo ora, di prestare attenzione al programma, alle note organizzative che trovate qui sotto e di rispettare i tempi d’iscrizione. Anche questo, determina la buona riuscita del nostro incontrarci. Ringraziandovi per la collaborazione vi saluto caramente con le parole di S.Angela: “fate tutto quel che dovete fare, mosse dal solo amor di Dio e dal zelo per le anime”.

Valeria Broll – presidente


> INVITO E PROGRAMMA <

SCHEDA d’ISCRIZIONE  <

Panama: Papa Francesco ai religiosi

Da Panama la Messa presieduta da Francesco alla presenza di sacerdoti, consacrati e movimenti laicali nella Cattedrale Basilica Santa María La Antigua.


 

Sabato, 26 gennaio 2019

Prima di tutto voglio congratularmi col Signor Arcivescovo, che per la prima volta, dopo quasi sette anni, ha potuto incontrare la sua sposa, questa chiesa, vedova provvisoria per tutto questo tempo. E congratularmi con la vedova, che oggi cessa di essere vedova, incontrando il suo sposo. Voglio anche ringraziare tutti coloro che hanno reso possibile questo, le autorità e tutto il popolo di Dio, per tutto quello che hanno fatto perché il Signor Arcivescovo potesse incontrarsi con il suo popolo, non in una casa prestata, ma nella sua casa. Grazie!

Nel programma era previsto che questa cerimonia, per il tempo limitato, avesse due significati: la consacrazione dell’altare e l’incontro con sacerdoti, religiose, religiosi e laici consacrati. Perciò, quello che dirò sarà un po’ in questa linea, pensando ai sacerdoti, alle religiose, ai religiosi e ai laici consacrati, soprattutto a quelli che lavorano in questa Chiesa particolare.

«Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: “Dammi da bere”» (Gv 4,6-7).

Il vangelo che abbiamo ascoltato non esita a presentarci Gesù stanco di camminare. A mezzogiorno, quando il sole si fa sentire con tutta la sua forza e potenza, lo troviamo presso il pozzo. Aveva bisogno di placare e saziare la sete, ristorare i suoi passi, recuperare le forze per poter continuare la sua missione.

I discepoli hanno vissuto in prima persona quello che significava la dedizione e la disponibilità del Signore per portare la Buona Notizia ai poveri, fasciare i cuori feriti, proclamare la liberazione ai prigionieri e la libertà ai prigionieri, consolare chi si trovava nel dolore, proclamare l’anno di grazia per tutti (cfr Is 61,1-3). Sono tutte situazioni che ti prendono la vita, ti prendono l’energia; e “non hanno risparmiato” nel regalarci tanti momenti importanti nella vita del Maestro, dove anche la nostra umanità possa incontrare una parola di Vita.

Affaticato per il viaggio

È relativamente facile per la nostra immaginazione, ossessionata dall’efficienza, contemplare ed entrare in comunione con l’attività del Signore, ma non sempre sappiamo o possiamo contemplare e accompagnare le “fatiche del Signore”, come se questa non fosse cosa di Dio. Il Signore si è affaticato, e in questa fatica trovano posto tante stanchezze dei nostri popoli e della nostra gente, delle nostre comunità e di tutti quelli che sono affaticati e oppressi (cfr Mt 11,28).

Le cause e i motivi che possono provocare la fatica del cammino in noi sacerdoti, consacrati e consacrate, membri dei movimenti laicali, sono molteplici: dalle lunghe ore di lavoro che lasciano poco tempo per mangiare, riposare, pregare e stare in famiglia, fino a “tossiche” condizioni lavorative e affettive che portano allo sfinimento e logorano il cuore; dalla semplice e quotidiana dedizione fino al peso rutinario di chi non trova il gusto, il riconoscimento o il sostegno per far fronte alle necessità di ogni giorno; dalle abituali e prevedibili situazioni complicate fino alle stressanti e angustianti ore di tensione. Tutta una gamma di pesi da sopportare.

Sarebbe impossibile cercare di abbracciare tutte le situazioni che sgretolano la vita dei consacrati, ma in tutte sentiamo la necessità urgente di trovare un pozzo che possa placare e saziare la sete e la stanchezza del cammino. Tutte invocano, come un grido silenzioso, un pozzo da cui ripartire.

Da un po’ di tempo a questa parte non sono poche le volte in cui pare essersi installata nelle nostre comunità una sottile specie di stanchezza, che non ha niente a che vedere con quella del Signore. E qui dobbiamo fare attenzione. Si tratta di una tentazione che potremmo chiamare la stanchezza della speranza. Quella stanchezza che nasce quando – come nel Vangelo – i raggi del sole cadono a piombo e rendono le ore insopportabili, e lo fanno con un’intensità tale da non permettere di avanzare o di guardare avanti. Come se tutto diventasse confuso. Non mi riferisco qui alla «particolare fatica del cuore» (S. Giovanni Paolo II, Enc. Redemptoris Mater, 17; cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 287) di chi, “a pezzi” per il lavoro, alla fine della giornata riesce a mostrare un sorriso sereno e grato; ma a quell’altra stanchezza, quella che nasce di fronte al futuro quando la realtà “prende a schiaffi” e mette in dubbio le forze, le risorse e la praticabilità della missione in questo mondo che tanto cambia e mette in discussione.

È una stanchezza paralizzante. Nasce dal guardare avanti e non sapere come reagire di fronte all’intensità e all’incertezza dei cambiamenti che come società stiamo attraversando. Questi cambiamenti sembrerebbero non solo mettere in discussione le nostre modalità di espressione e di impegno, le nostre abitudini e i nostri atteggiamenti di fronte alla realtà, ma porre in dubbio, in molti casi, la praticabilità stessa della vita religiosa nel mondo di oggi. E anche la velocità di questi cambiamenti può portare a immobilizzare ogni scelta e opinione, e ciò che poteva essere significativo e importante in altri tempi, sembra non avere più spazio.

Sorelle e fratelli, la stanchezza della speranza nasce dal constatare una Chiesa ferita dal suo peccato e che molte volte non ha saputo ascoltare tante grida nelle quali si celava il grido del Maestro: «Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mt 27,46).

E così possiamo abituarci a vivere con una speranza stanca davanti al futuro incerto e sconosciuto, e questo fa sì che trovi posto un grigio pragmatismo nel cuore delle nostre comunità. Tutto apparentemente sembra procedere normalmente, ma in realtà la fede si consuma, si rovina. Comunità e presbiteri sfiduciati verso una realtà che non comprendiamo o in cui crediamo non ci sia più spazio per la nostra proposta, possiamo dare “cittadinanza” a una delle peggiori eresie possibili nella nostra epoca: pensare che il Signore e le nostre comunità non hanno più nulla da dire né da dare in questo nuovo mondo in gestazione (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 83). E allora succede che ciò che un giorno è nato per essere sale e luce del mondo, finisce per offrire la propria versione peggiore.

Dammi da bere

Le fatiche del viaggio arrivano e si fanno sentire. Che piaccia o no ci sono, ed è bene avere lo stesso ardire che ebbe il Maestro per dire: «Dammi da bere». Come accadde alla Samaritana e può accadere ad ognuno di noi, non vogliamo placare la sete con un’acqua qualsiasi, ma con quella «sorgente che zampilla per la vita eterna» (Gv 4,14). Sappiamo, come sapeva bene la Samaritana che portava da anni i recipienti vuoti di amori falliti, che non qualsiasi parola può aiutare a recuperare le forze e la profezia nella missione. Non qualsiasi novità, per quanto seducente possa apparire, può alleviare la sete. Sappiamo, come lei sapeva bene, che nemmeno la conoscenza religiosa, la giustificazione di determinate scelte e tradizioni passate o novità presenti, ci rendono sempre fecondi e appassionati «adoratori in spirito e verità» (Gv 4,23).

“Dammi da bere” è quello che chiede il Signore, ed è quello che chiede a noi di dire. Nel dirlo, apriamo la porta della nostra stanca speranza per tornare senza paura al pozzo fondante del primo amore, quando Gesù è passato per la nostra strada, ci ha guardato con misericordia, ci ha scelto e ci ha chiesto di seguirlo; nel dirlo, recuperiamo la memoria di quel momento in cui i suoi occhi hanno incrociato i nostri, il momento in cui ci ha fatto sentire che ci amava, che mi amava, e non solo in modo personale, anche come comunità (cfr Omelia nella Veglia Pasquale, 19 aprile 2014). Poter dire “dammi da bere” significa ritornare sui nostri passi e, nella fedeltà creativa, ascoltare come lo Spirito non ha creato un’opera particolare, un piano pastorale o una struttura da organizzare ma che, per mezzo di tanti “santi della porta accanto” – tra i quali troviamo padri e madri fondatori di istituti secolari, vescovi, parroci che hanno saputo dare basi solide alle loro comunità –, attraverso questi santi della porta accanto ha dato vita e ossigeno a un determinato contesto storico che sembrava soffocare e schiacciare ogni speranza e dignità.

“Dammi da bere” significa avere il coraggio di lasciarsi purificare, di recuperare la parte più autentica dei nostri carismi originari – che non si limitano solo alla vita religiosa, ma a tutta la Chiesa – e vedere in quali modalità si possano esprimere oggi. Si tratta non solo di guardare con gratitudine il passato, ma di andare in cerca delle radici della sua ispirazione e lasciare che risuonino nuovamente con forza tra di noi (cfr Papa Francesco – Fernando Prado, La forza della vocazione, Bologna 2018, 42-43).

“Dammi da bere” significa riconoscersi bisognosi che lo Spirito ci trasformi in donne e uomini memori di un incontro e di un passaggio, il passaggio salvifico di Dio. E fiduciosi che, come ha fatto ieri, così continuerà a fare domani: «Andare alla radice ci aiuta senza dubbio a vivere adeguatamente il presente, e a viverlo senza paura. È necessario vivere senza paura rispondendo alla vita con la passione di essere impegnati con la storia, immersi nelle cose. È una passione da innamorato» (ibid., 44).

La speranza stanca sarà guarita e godrà di quella «particolare fatica del cuore» quando non temerà di ritornare al luogo del primo amore e riuscirà ad incontrare, nelle periferie e nelle sfide che oggi ci si presentano, lo stesso canto, lo stesso sguardo che suscitò il canto e lo sguardo dei nostri padri. Così eviteremo il rischio di partire da noi stessi e abbandoneremo la stancante autocommiserazione per incontrare gli occhi con cui Cristo oggi continua a cercarci, continua a guardarci, continua a chiamarci e a invitarci alla missione, come ha fatto in quel primo incontro, l’incontro del primo amore.

*  *  *

E non mi sembra un avvenimento di poco conto che questa Cattedrale riapra le porte dopo un lungo tempo di restauro. Ha sperimentato il passare degli anni, come fedele testimone della storia di questo popolo, e con l’aiuto e il lavoro di molti ha voluto di nuovo regalare la sua bellezza. Più che una formale ricostruzione, che tenta sempre di ritornare a un originale passato, ha cercato di riscattare la bellezza degli anni aprendosi a ospitare tutta la novità che il presente le poteva dare. Una Cattedrale spagnola, india e afroamericana diventa così Cattedrale panamense, di quelli di ieri, ma anche di quelli di oggi che hanno reso possibile questo fatto. Non appartiene più solo al passato, ma è bellezza del presente.

E oggi nuovamente è grembo che stimola a rinnovare e alimentare la speranza, a scoprire come la bellezza di ieri diventi base per costruire la bellezza di domani.

Così agisce il Signore. Niente stanchezza della speranza; sì alla peculiare fatica del cuore di chi porta avanti ogni giorno ciò che gli è stato affidato nello sguardo del primo amore.

Fratelli, non lasciamoci rubare la speranza che abbiamo ereditato, la bellezza che abbiamo ereditato dai nostri padri! Essa sia la radice viva, la radice feconda che ci aiuti a continuare a rendere bella e profetica la storia della salvezza in queste terre.


Festa di S. Angela a Delia

In occasione della festa di Sant’ Angela, nella parrocchia S. Maria d’Itria di Delia (Caltanissetta) si è ricordata la figura di Sant’Angela e la sua istituzione con due momenti speciali: la santa Messa e l’esecuzione di 4 canti del cd “Io sono Angela” da parte del coro parrocchiale “S. Maria Odigitria”.

Nell’omelia della Messa Solenne, il parroco don Lino De Luca  ha saputo cogliere gli aspetti della spiritualità mericiana validi per i laici tutti, senza nulla togliere alla specificità e alla radicalità della consacrazione.

Il coro, che ha accolto con molto entusiasmo la proposta, ha eseguito magistralmente 4 canti, ma prossimamente  intende impararli tutti e poi proporli alla comunità.


Per informazioni sul CD “Io sono Angela” clicca qui o contattaci:
csapadova@libero.it | cell. Maria 338.8927699

Tre spunti di riflessione ‘vocazionale’

a partire dal “Documento finale del Sinodo dei Vescovi:
“I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”

1. Il capitolo II della II parte del documento porta il titolo: “Il Mistero della Vocazione”.

Il suo primo numero, il numero 77, ha come tema: “La ricerca della vocazione. Vocazione, viaggio e scoperta” e così si esprime: “Il racconto della chiamata di Samuele (cfr. 1Sam 3,1-21) permette di cogliere i tratti fondamentali del discernimento: l’ascolto e il riconoscimento dell’iniziativa divina, un’esperienza personale, una comprensione progressiva, un accompagnamento paziente e rispettoso del mistero in atto, una destinazione comunitaria. La vocazione non si impone a Samuele come un destino da subire; è una proposta di amore, un invio missionario in una storia di quotidiana reciproca fiducia. Come per il giovane Samuele, così per ogni uomo e ogni donna la vocazione, pur avendo momenti forti e privilegiati, comporta un lungo viaggio. La Parola del Signore esige tempo per essere intesa e interpretata; la missione a cui essa chiama si svela con gradualità. I giovani sono affascinati dall’avventura della scoperta progressiva di sé. Essi imparano volentieri dalle attività che svolgono, dagli incontri e dalle relazioni, mettendosi alla prova nel quotidiano. Hanno bisogno però di essere aiutati a raccogliere in unità le diverse esperienze e a leggerle in una prospettiva di fede, vincendo il rischio della dispersione e riconoscendo i segni con cui Dio parla. Nella scoperta della vocazione, non tutto è subito chiaro, perché la fede «“vede” nella misura in cui cammina, in cui entra nello spazio aperto dalla Parola di Dio» (FRANCESCO, Lumen fidei, 9)”.

Sono interessanti i passaggi personali e i criteri di accompagnamento del ‘lungo viaggio vocazionale’: ascolto, riconoscimento dell’iniziativa divina, un’esperienza personale, una comprensione progressiva, un accompagnamento paziente e rispettoso del mistero in atto, una destinazione comunitaria”. Si tratta di accompagnare una persona perché giunga ad accogliere una proposta di amore, un invio missionario in una storia di quotidiana reciproca fiducia nel Signore, ma anche nella comunità in cui decide di consacrarsi al Signore stesso, condividendo la missione e il carisma della stessa Comunità cui decide di appartenere. Interessante è il ruolo di chi accompagna al discernimento: “Hanno bisogno però di essere aiutati a raccogliere in unità le diverse esperienze e a leggerle in una prospettiva di fede, vincendo il rischio della dispersione e riconoscendo i segni con cui Dio parla. Nella scoperta della vocazione, non tutto è subito chiaro, perché la fede «“vede” nella misura in cui cammina, in cui entra nello spazio aperto dalla Parola di Dio”.

2. Il numero 80 ha per tema: Per una cultura vocazionale.

Esso recita: “Parlare dell’esistenza umana in termini vocazionali consente di evidenziare alcuni elementi che sono molto importanti per la crescita di un giovane: significa escludere che essa sia determinata dal destino o frutto del caso, come anche che sia un bene privato da gestire in proprio. Se nel primo caso non c’è vocazione perché non c’è il riconoscimento di una destinazione degna dell’esistenza, nel secondo un essere umano pensato “senza legami” diventa “senza vocazione”. Per questo è importante creare le condizioni perché in tutte le comunità cristiane, a partire dalla coscienza battesimale dei loro membri, si sviluppi una vera e propria cultura vocazionale e un costante impegno di preghiera per le vocazioni”.

Interessanti i due aspetti entro i quali possa maturare una coscienza vocazionale. Non c’è autentica vocazione dove essa è percepita come ‘determinata dal destino o frutto del caso’. Anzitutto c’è consapevolezza vocazionale quando ‘c’è il riconoscimento di una destinazione degna dell’esistenza’. Non quindi scelta rassegnata perché non c’è altra via di uscita, ma destinazione degna nella quale investire la propria vita. Secondo, non c’è vocazione se si ritiene che la propria chiamata sia ‘un bene privato da gestire in proprio’, da vivere “senza legami”. È come dire che uno si pone correttamente e autenticamente in ricerca vocazionale se cerca di comprendere un disegno del Signore dove e come può impegnare dignitosamente la propria vita e dove e con chi può condividere la propria missione. Il testo parla della vita del chiamato non ‘come bene da gestire in proprio e da vivere senza legami’.

3. Infine riprendo il n° 88 che ha per tema: “La vita consacrata”.

Leggiamo: “Il dono della vita consacrata, nella sua forma sia contemplativa sia attiva, che lo Spirito suscita nella Chiesa ha un particolare valore profetico in quanto è testimonianza gioiosa della gratuità dell’amore. Quando le comunità religiose e le nuove fondazioni vivono autenticamente la fraternità esse diventano scuole di comunione, centri di preghiera e di contemplazione, luoghi di testimonianza di dialogo intergenerazionale e interculturale e spazi per l’evangelizzazione e la carità. La missione di molti consacrati e consacrate che si prendono cura degli ultimi nelle periferie del mondo manifesta concretamente la dedizione di una Chiesa in uscita. Se in alcune regioni si sperimenta la riduzione numerica e la fatica dell’invecchiamento, la vita consacrata continua a essere feconda e creativa anche attraverso la corresponsabilità con tanti laici che condividono lo spirito e la missione dei diversi carismi…”.

Ogni forma di consacrazione è testimonianza gioiosa della gratuità dell’amore. Questa testimonianza è profetica in quanto annuncia tra gli uomini il senso divino della vita, in quanto manifestazione di Dio amore e fonte dell’amore. Quindi viene sottolineato che la fraternità dei membri della comunità diventa scuola di comunione, di preghiera, di dialogo tra diverse età e culture e di carità. Ogni comunità di consacrate, anche quelle secolari, dovrebbero includere nella loro missione anche il “prendersi cura degli ultimi nelle periferie del mondo”. Questo numero si conclude con una affermazione che dovrebbe rilanciare per tutta la necessità di pregare e operare perché non vengano meno le vocazioni alla vita consacrata: La Chiesa e il mondo non possono fare a meno di questo dono vocazionale, che costituisce una grande risorsa per il nostro tempo”.

L’ASSISTENTE ECCLESIASISTICO DEL CONSIGLIO DELLA FEDERAZIONE

Mons. Adriano Tessarollo


Questo articolo è un contributo riportato anche nel nostro giornalino “Nello stesso carisma con responsabilità”.

Clicca qui per leggere l’ultimo numero.

Novena in preparazione alla festa di S. Angela

(Suore Orsoline di Gandino)

SCELTE PER ESSERE SANTE

INTRODUZIONE
Abbiamo da poco intrapreso il cammino di un nuovo anno “sospinte” e fortificate dalla benedizione di Dio. Desideriamo prepararci alla solennità di Sant’Angela con questa piccola novena che, alla luce del brano di Efesini 1,3-14, rievoca alcune parole della nostra Madre comune, lasciandoci intravedere il mistero della sua ricchezza interiore e del suo cammino di santità. La vita e le opere di Angela ci ricordano che la santità è grazia, dono, e richiede l’apertura per
lasciarsi invadere dal dono divino. «In definitiva, è Cristo che ama in noi, perché la santità non è altro che la carità pienamente vissuta. Pertanto, la misura della santità è data dalla statura che Cristo raggiunge in noi, da quanto, con la forza dello Spirito Santo, modelliamo la nostra vita sulla sua (GE, 21)».

“Il figlio di Dio, sedendo in lei, tutto con lei faceva” scrisse Gabriele Cozzano, segretario e figlio spirituale di Angela, riferendosi alla fondazione della Compagnia ed evidenziando come la fecondità di Angela derivasse dal suo incontro con Cristo: un incontro vissuto attraverso un processo di purificazione, di spogliamento graduale per configurarsi allo Sposo, così che egli poteva liberamente vivere e operare in lei.
Certe dell’intercessione di S. Angela, in questi giorni in modo particolare, preghiamo le une per le altre, affinché possiamo riconoscere i volti della benedizione di Dio per noi, per le nostre sorelle, per il nostro Istituto, per le persone e le famiglie che incontriamo, per la Chiesa e per il mondo intero.
Riconoscere la benedizione per divenire noi stesse “benedizione” e condividere con i fratelli la gioia di essere “a lode della sua gloria”.

1° GIORNO
«Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo».

… per il tuo santo nome: sia esso benedetto sopra la rena del mare, sopra le gocce delle acque, sopra la moltitudine delle stelle (Regola, V).

2° GIORNO
«In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo»

Perciò, sorelle mie, vi esorto, anzi vi prego e supplico tutte, affinché, essendo voi state così elette ad essere vere e intatte spose del Figliol di Dio, per primo vogliate conoscere che cosa comporta una tal elezione, e che nuova e stupenda dignità essa sia (Regola, Prologo).

3° GIORNO
«…per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità»

(Ognuna) sia lieta, e sempre piena di carità, e di fede, e di speranza in Dio.
… tutte le parole, gli atti e i comportamenti nostri siano sempre di ammaestramento e di edificazione per chi avrà a che fare con noi, avendo noi sempre nel cuore un’ardente carità (Regola, IX).

4° GIORNO
«… predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà a lode dello splendore della sua grazia,
di cui ci ha gratificati nel Figlio amato».

… mosse a tale cura e governo solamente dal solo amore di Dio e dal solo zelo per la salvezza delle anime. Infatti, tutte le vostre opere e le vostre azioni di governo, se saranno così radicate in questa duplice carità, non potranno che produrre buoni e salutari frutti. Perché, come dice il nostro Salvatore: Il buon albero, cioè il cuore e lo spirito animati dalla carità, non possono se non fare buone e sante opere (Testamento, Primo Legato).

5° GIORNO
«In lui, mediante il suo sangue, abbiamo la redenzione, il perdono delle colpe, secondo la ricchezza della sua grazia».

Nella santa Messa si ritrovano tutti i meriti della passione del Signore nostro.
E quanto più vi si sta con attenzione, fede e contrizione, tanto più si partecipa a quei benedetti meriti e più si riceve consolazione (Regola, VI).

6° GIORNO
«Egli l’ha riversata in abbondanza su di noi con ogni sapienza e intelligenza, facendoci conoscere il mistero della sua volontà…»

… e sempre la principale risorsa vostra sia il ricorrere ai piedi di Gesù Cristo, e lì, tutte, con tutte le vostre figliole, far caldissime orazioni. Perché così senza dubbio Gesù Cristo sarà in mezzo a voi, e vi illuminerà, e vi istruirà come vero e buon maestro su ciò che dovrete fare (Testamento, Ultimo Legato).

7° GIORNO
«… secondo la benevolenza che in lui si era proposto per il governo della pienezza dei tempi: ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra».

L’ultima raccomandazione mia che vi faccio, e con la quale fin col sangue vi prego, è che siate concordi, unite insieme tutte d’un cuore e d’un volere. Perché, se vi sforzerete di essere così, senza dubbio il Signore Dio sarà in mezzo a voi… Perché Dio ha predisposto che coloro che sono concordi nel bene per suo onore, abbiano ogni prosperità, e ciò che fanno vada a buon fine avendo essi in loro favore Dio stesso e ogni sua creatura (Ultimo Ricordo).

8° GIORNO
«In lui anche voi, dopo avere ascoltato la parola della verità, il Vangelo della vostra salvezza, e avere in esso creduto, avete ricevuto il sigillo dello Spirito Santo che era stato promesso…»

Perciò vi occorre prendere una integra e stabile determinazione di sottomettervi totalmente alla sua volontà, e, con una viva e salda fede, ricevere da lui ciò che dovete operare per amor suo. … e obbedire ai consigli e alle ispirazioni che di continuo ci suscita nel cuore lo Spirito Santo, la cui voce sentiremo tanto più chiaramente quanto più purificata e monda avremo la coscienza (Testamento, Prologo e Regola, VIII).

9° GIORNO
«… il quale (lo Spirito Santo) è caparra della nostra eredità, in attesa della completa redenzione di coloro che Dio si è acquistato a lode della sua gloria».

Abbiate speranza e ferma fede in Dio: lui vi aiuterà in ogni cosa…Fate, muovetevi, credete sforzatevi, sperate, gridate a lui col vostro cuore, e senza dubbio vedrete cose mirabili, dirigendo tutto a lode e gloria della sua maestà e al bene delle anime (Ricordi, Prologo).


“L’eterna benedizione sia sopra tutte voi, concessa da Dio onnipotente, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.” Dal Testamento della Madre Suor Angela

Scarica il testo della novena in PDF:

S. Natale 2018

I nostri migliori auguri a tutti per un Buon Natale e un sereno 2019


Per fortuna Tu vieni, Signore.
Non ti stanchi di venire
in mezzo la nostra vita,
di cercare ospitalità
nel nostro cuore.

E noi, come le folle
di duemila anni fa,
veniamo a presentarti
le nostre ferite,
le nostre piaghe,
il nostro cuore,
il cui raggio d’amore
ha tendenza a restringersi.

Per fortuna Tu ritorni
in questo nostro mondo
pieno di contraddizioni,
dove le parole faticano
a trovare la strada della sincerità,
dove il comportamento personale e
comunitario smarrisce, sovente,
la coerenza con la propria fede.

Per fortuna non ti stanchi, Signore,
di aprire di invitarci ad aprire
strade nuove, dove ci sia spazio e tempo
per essere o ritornare ad essere umani:
persone che non si lasciano abitare
dall’odio, che non alimentano la paura,
che non disprezzano il pensiero,
la storia e la vita degli altri.

Per fortuna Tu continui
a ripetere il gesto generoso
del seminatore e non smetti
di spargere semi di bontà,
di verità, di bellezza
nella nostra vita, nella nostra famiglia,
nella nostra Chiesa, nel mondo.

E così, alzando lo sguardo,
possiamo ancora scorgere
tutti coloro che progettano ponti,
tutti coloro che rifiutano
di innalzare barriere,
tutti colore che amano
costruire muri.

È una grazia il tuo ritorno, Signore.
Ne abbiamo bisogno,
per fermarci, per riflettere,
per reimpostare la nostra vita.
Vogliamo sentirci ridire
che abbiamo bisogno
di parole che curano, non che feriscono;
di occhi da cui traspare amore,
non cattiveria;
di mani che accarezzano,
non che colpiscono;
di passi che ci portano vicino all’altro,
non che ci allontanano dall’altro.
Potessimo regalarci e regalare
un Natale così!
Che il tuo venire tra gli uomini
ci aiuti a rimanere umani.

(p. Renzo Mandirola – SMA)